Di Alfredo Buonumori - Vivo Umbria
Nono appuntamento con 50 dischi del prog dopo 50 anni dall’uscita.
All’interno dell’articolo il link per la playlist Youtube creata con l’album sul canale dell’associazione culturale Trasimeno Prog (non dimenticate di visitare il canale in ogni caso e di iscrivervi, se potete).
“Azimut”, pubblicato nel 1972, è l’album d’esordio del Perigeo.
Alla fine degli anni ‘60 la “lezione” di Miles Davis con il suo “Bitches Brew” ha dato il via alla diffusione di un linguaggio che stava spostando il jazz verso i confini del rock; alcune formazioni, meglio di altre, rappresentano quell’evoluzione; i Weather Report di Joe Zawinul e Wayne Shorter e la Mahavishnu Orchestra di John Mc Laughlin e Billy Cobham.
Nel nostro paese ad imboccare la strada meglio di tutti è un gruppo, il Perigeo, che riuscirà a coniugare le due anime, il jazz ed il rock, facendo accostare il pubblico ad un genere come il jazz di cui non c’era troppa cultura, almeno tra i giovani, ed avendo seguito anche nei concerti.
Come lo definisce tutt’oggi uno degli artefici del gruppo, il contrabbasista Giovanni Tommaso, una sorta di miracolo.
Con l’album d’esordio il quintetto crea un “genere” per la musica italiana, che per la sua unicità ed indefinibilità, sarà inserito tanto nel jazz-rock quanto nel progressive.
E’ il momento dei festival, dei grandi raduni e proprio il quintetto viene fatto esibire alla prima edizione di Umbria Jazz, manifestazione che assumerà una rilevanza internazionale.
Il gruppo è formato dal contrabbassista toscano Giovanni Tommaso, dal pianista Franco D’Andrea , dal batterista Bruno Biriaco, dal sassofonista Claudio Fasoli e dal chitarrista Tony Sidney.
L’album è composto da sei brani, due dei quali cantati e quattro strumentali; si inizia con “Posto di non so dove”, dove i vocalizzi di Tommaso si intrecciano alle atmosfere dell’archetto del contrabbasso su uno sfondo pianistico; poi un riff chitarristico ripetuto è l’ossatura per l’improvvisazione.
“Grandangolo” è l’esempio perfetto del “Perigeo style”; chitarra in evidenza così come le tastiere ed il sax a punteggiare con la ritmica a supportare il tutto; “Aspettando il nuovo giorno” ha un’introduzione al piano elettrico; poi si dipana tra il sax ed una linea di basso con la chitarra che diventa protagonista.
E’ la volta di “Azimut”, dove nella prima parte torna l’archetto del contrabbasso e verso la metà del brano chitarra e sax prendono il sopravvento prima del piano elettrico.
La breve “Un respiro” è l’altro brano con la voce di Tommaso; il disco si conclude con i dieci minuti di “36° parallelo”; un giro di basso, sax e chitarra ad introdurre la traccia che è la più “libera” dell’intero lavoro, con assoli a profusione; la via italiana al jazz rock era aperta.
La formazione che suona nell’album comprendeva: Giovanni Tommaso, contrabbasso, basso elettrico, arrangiamenti e voce (nei brani: “Posto di non so dove” e “Un respiro”); Claudio Fasoli, sax (soprano ed alto); Franco D'Andrea, tastiere; Tony Sidney, chitarre; Bruno Biriaco, batteria e percussioni
Buon ascolto.