Redapolis Music Blog | Il blog di Luca Redapolis esplora la musica di ieri e di oggi con un focus su dischi recenti, usciti per etichette indipendenti o autoprodotti.
Il Segno Del Comando – Sublimazione –
Live (Autoproduzione / Nadir Music)
Un viaggio tra ombre, visioni e suoni
rituali nel progressive italiano
Trent’anni non si raggiungono per caso. Nel caso de Il
Segno del Comando, band genovese guidata dal basso visionario e
dall’instancabile creatività di Diego Banchero, rappresentano per me tre
decenni di esplorazione sonora, di viaggi attraverso paesaggi musicali che non
si lasciano mai rinchiudere in una definizione.
Un viaggio lungo dieci anni, tra
eleganza e fuoco, nel segno dello swing
10 Years non è solo un album: è un viaggio nel tempo, un racconto di dieci anni
di musica vissuta fianco a fianco, di incontri, di sorrisi, di concerti che
restano impressi come piccoli miracoli nella memoria. È l’energia di un gruppo
che sembra non conoscere limiti, la complicità tra musicisti che si ascoltano e
si sostengono, trasformando ogni nota in un gesto di condivisione.
The New Grove Project – Epiqurium (New
Grove Music, 2025)
Dal laboratorio solitario di Per
Sundbom alla rinascita collettiva con Robert Webb, per New Grove Music
Ci sono dischi che sembrano nascere dal nulla, altri che
invece tornano indietro nel tempo per riprendere fiato e rinascere in una forma
nuova. Epiqurium del The New Grove Project appartiene a questa
seconda categoria, ma con la forza di chi non ha mai davvero smesso di vivere.
Andrea Orlando - La Scienza delle
Stagioni (Autoproduzione, 2023)
Un viaggio sinfonico e visionario tra
stagioni interiori, teatralità e progressioni prog
Ci sono dischi che arrivano come stagioni nuove: non con
clamore, ma con quella forza lenta e necessaria che porta trasformazione. La
Scienza delle Stagioni, il secondo album solista di Andrea Orlando,
uscito nel 2023, è uno di questi.
Un jazz sospeso tra memoria e
ricerca, dove ogni nota diventa narrazione collettiva
Non tutti i dischi cercano la via più diretta per arrivare
all’ascoltatore: Famiglio, nuovo lavoro del chitarrista e compositore
padovano Luca Crispino, sceglie piuttosto la strada dei chiaroscuri,
delle vibrazioni sottili che si rivelano poco a poco. È un album che abita gli
spazi di confine, dove la scrittura incontra l’improvvisazione e il suono
diventa materia viva, pronta a trasformarsi in ogni istante.
Massimo Berizzi – Microverticale
(Open Mind / Lizard Records /Zeit Interference, 2025)
Tromba, elettronica e silenzi in
dialogo
Ci sono dischi che non si fanno raccontare troppo, perché il
loro vero senso vive nell’ascolto. Non si offrono subito, restano un passo
indietro, come a chiederti: hai davvero voglia di entrare? Non cercano conferme
né adesioni immediate, ma si muovono su frequenze diverse: quelle
dell’introspezione, della lentezza, del tempo necessario.
Microverticale di Massimo Berizzi è uno di quei dischi. Un ascolto
che si fa strada in silenzio, senza annunciarsi. Non ha etichette addosso, non
le vuole. Sfugge alle definizioni, alle scorciatoie. Preferisce la via lunga,
la curva improvvisa, lo spazio vuoto.
Pubblicato dall’etichetta Lizard Records, guidata da Loris Furlan,
questo lavoro conferma la vocazione di una realtà che sostiene le musiche più
autentiche e sperimentali.
Orange Mun – Love (Filibusta Records /
Romolo Dischi, 2025)
Un’isola sonora dove i battiti
elettronici incontrano il respiro dell’anima
Ci sono dischi che non si limitano a raccontare storie, ma
che sembrano voler costruire un luogo. Love, debutto degli Orange Mun
(Martina Gurrieri alla voce ed al pianoforte ed Emilio Longombardo alladrum machine, synth, pianoforte, synth bass), è uno di questi.
Pubblicato da Filibusta Records / Romolo Dischi, l’album ha la
consistenza di un’isola elettronica scura e pulsante, attraversata da bagliori
improvvisi: un approdo in cui ci si rifugia, ci si perde e, forse, ci si
ritrova.
Valentina Nicolotti – Logica Magica
(Emme Record Label, 2025)
Dove jazz, soul e sentimento si
incontrano
Ci sono dischi che arrivano con naturalezza, quasi in punta
di piedi, eppure restano impressi perché ti parlano con una voce che sembra
conoscere già le tue inquietudini. Logica Magica di Valentina
Nicolotti, pubblicato da Emme Record Label a quasi cinque anni dal
disco d’esordio, mi ha dato proprio questa sensazione: un lavoro che mette
insieme la lucidità della ragione e lo stupore dell’incanto, senza mai
scegliere davvero da che parte stare.
Green Asphalt - Green Asphalt (McBuddha
Records, 2022)
Un viaggio sonoro tra ironia,
malinconia e raffinatezza prog
Ci sono dischi che arrivano dopo anni di gestazione, quasi a
voler sedimentare idee, suoni, influenze fino a quando non trovano la forma
giusta. Green Asphalt, il progetto del musicista svedese Dan
Bornemark, è uno di questi: diciassette anni di scrittura, esperimenti,
revisioni, fino a raggiungere un equilibrio che oggi si presenta in sette brani
capaci di unire eredità prog, spirito canterburiano e una vena ironica che
stempera le complessità.
Un viaggio sonoro tra jazz, canzone
d’autore e contaminazioni, guidato da una voce calda e sincera.
Ci sono dischi che ti sorprendono già dal primo ascolto,
perché sembrano rifiutare qualsiasi confine. Tornerai, l’album di Erika
Petti uscito il 29 maggio per Emme Record Label, mi ha dato subito questa
impressione: un respiro ampio che attraversa generi, lingue e atmosfere senza
mai perdere la sua identità. Ho avuto la sensazione che ogni brano trovasse
naturalmente il proprio spazio, con un senso melodico spontaneo, inevitabile. È
un lavoro che non cerca etichette, ma si lascia vivere, come una conversazione
intima che continua a sorprenderti man mano che procede
Atmosfere sospese
e improvvisi slanci, il debutto dei Taurn è un viaggio collettivo tra modern
jazz e visioni urbane
Ci sono dischi che arrivano come
una folata d’aria inattesa, portando con sé il gelo e la limpidezza dei
paesaggi nordici, ma anche la tensione vitale di una città che non dorme mai. Somewhere
Cold, pubblicato da Emme Record Label, esordio dei Taurn,
appartiene a questa categoria.
Un album per decodificare il caos del
presente, tra suoni e umanità fragile
Dopo averci incuriosito con i singoli “Yelly” e
“Rauh”, finalmente è arrivato Human Codec, il nuovo disco
dei Freak Motel, disponibile su tutti gli store digitali ed in vinile
grazie a Irma Records, storica etichetta bolognese che continua a
credere con passione in progetti coraggiosi e fuori dagli schemi.
Un viaggio strumentale tra intimità e
coralità, dove la chitarra diventa voce, paesaggio e memoria
Ci sono dischi che arrivano come un abbraccio silenzioso, e Myricae
di Luca Falomi è uno di questi. Pubblicato da Abeat Records,
prende il nome dalle tamerici di Pascoli – e, ancor prima, dalla bucolica di
Virgilio – per evocare un’idea di poesia semplice solo in apparenza, capace di
raccontare il quotidiano, gli affetti, le piccole epifanie che danno senso alle
giornate. Un titolo che per Falomi è anche un omaggio personale al padre,
figura fondamentale nella sua storia musicale: da una scatola di vecchie audiocassette
registrate da lui durante l’adolescenza è riemerso il valore delle “piccole
cose”, trasformato qui in suono e memoria viva.
Un viaggio per sola chitarra acustica
tra memoria, radici e paesaggi interiori
Solo nella mia stanza, in questo agosto caldo e afoso, cerco
refrigerio nella buona musica.
Fuori il sole picchia e l’aria sembra immobile, ma basta premere “play” perché
le pareti si dissolvano e la stanza si riempia di un altro respiro. Ci sono
dischi che si accendono come un lume improvviso in una stanza silenziosa. La
Castagna di Krishna Biswas, pubblicato dall’etichetta Dodicilune,
è così: una piccola fiamma che non abbaglia, ma scalda e rivela dettagli che
prima sfuggivano. Un’opera tutta per chitarra acustica, ma così ricca di
sfumature da sembrare un dialogo tra più strumenti e più voci.
Enten Eller & Iva Bittovà –
Lisistrata (Autoproduzione, 2024)
Una suite tra mito, visione e
resistenza sonora
Ci sono dischi che non si lasciano scoprire con facilità, e
forse è giusto così. Lisistrata, nuovo album autoprodotto degli Enten
Eller, non è facilmente reperibile nei consueti canali di distribuzione:
bisogna cercarlo, desiderarlo, magari passare da Bandcamp. Ma il senso
dell’ascolto, qui, coincide con il senso della ricerca: chi lo trova, trova un
mondo.
Turnpike Troubadours – The Price of
Admission (Bossier City Records, 2025)
Un ritorno senza clamore, ma con
tutta la forza di chi ha imparato a stare in piedi anche quando fa male
Certe uscite arrivano senza preavviso, eppure sembrano
qualcosa che aspettavamo da tempo. The Price of Admission, il settimo
album dei Turnpike Troubadours, è proprio questo: musica che irrompe
all’improvviso, come un vecchio amico che torna quando meno te lo aspetti, ma
al momento giusto.
Gabriele Comeglio – The Journey
(Dodicilune, 25025)
Trent’anni di jazz raccontati
attraverso un viaggio intimo di suoni, emozioni e incontri preziosi
Ci sono dischi che si ascoltano. E poi ci sono dischi che si
attraversano, come mappe di un cammino fatto di incontri, slanci, ritorni. The
Journey, il nuovo lavoro di Gabriele Comeglio pubblicato da Dodicilune,
è esattamente questo: la testimonianza sonora di una vita intera passata nel
jazz – e oltre il jazz – dove ogni nota sembra una tappa, ogni arrangiamento
una dedica, ogni assolo un ricordo che prende fiato.
C’è una linea sottile che unisce il cielo notturno di Kant e
i versi di Kavafis. Joe Barbieri la percorre senza peso in Big Bang,
il suo settimo album di inediti, un viaggio sonoro che arriva dopo quasi cinque
anni di silenzio discografico. L’ispirazione nasce dall’amore per l’astronomia,
ma le orbite che il disco abita non sono quelle siderali: sono quelle
dell’intimità, delle relazioni, del tempo vissuto.
Dove il prog incontra il mito, e la
storia torna a parlare in musica
Ci sono dischi che sembrano arrivare da lontano. Non solo per
il tempo che si sono fatti attendere, ma per la forza con cui riescono a
risvegliare qualcosa che avevamo dimenticato – nei suoni, nella memoria, forse
anche in noi stessi.
Gli Enter si sono formati a Milano nel 1988, in
un'epoca in cui il progressive rock italiano sembrava già appartenere al mito.
Eppure, fu proprio nei miti – quelli delle civiltà perdute, da Atlantide a
Lemuria – che la band cercò da subito la propria voce. Gabriele Bulfon, Marco
Ferranti, Franco Avalli e Vittorio Ballerio crearono un
repertorio visionario e stratificato, che rimase in sospeso: un demo nel 1991,
qualche live, e poi il silenzio.
Il prog-rock italiano respira ancora,
e lo fa a pieni polmoni
C'è una cosa che adoro dei dischi dal vivo:
quell’imperfezione vitale che scardina la compostezza dello studio e mette a
nudo la vera anima della musica. Mere, on Stage!, secondo album
dal vivo del progetto Ellesmere guidato da Roberto Vitelli, è
tutto fuorché una celebrazione formale. È un disco che pulsa, si espande,
prende quota con un’urgenza rara, soprattutto quando il progressive si fa
sinfonico, moderno, e non ha paura di spingere verso l’hard rock.
Musica, memoria e visioni: il ritorno
del Trasimeno Prog Festival
Ci sono luoghi che diventano suono, e suoni che si fanno
luogo. Il Trasimeno Prog Festival, ormai alla sua quinta edizione,
continua a tracciare questa mappa emotiva fatta di echi, memorie e nuove
traiettorie. Dal 21 al 24 agosto 2025, tra le antiche pietre della Rocca
Medievale di Castiglione del Lago e il verde dei Giardini del
Frontone a Perugia, si rinnova l’appuntamento per chi cerca nella
musica non solo un’esperienza d’ascolto, ma un rito collettivo, un
attraversamento.
Un disco live non è solo una fotografia di ciò che accade sul palco. È un rito, una trasmutazione. E Sublimazione, il nuovo album de Il Segno del Comando, storica formazione dark prog metal, sembra nascere proprio da questa consapevolezza.
Nel delta delle note, un viaggio fluido tra differenze che diventano ricchezza
C’è qualcosa di profondamente magnetico nel nuovo lavoro
degli Ujig, Delta, un album che scorre come un fiume, capace di
portarti in luoghi inattesi. Il quartetto milanese – Konstantin Kräutler
(batteria), Edoardo Maggioni (tastiere), Marco Leo (chitarre) e Cesare
Pizzetti (basso) – torna con un disco che è insieme evoluzione e manifesto:
un antidoto all’omologazione, come loro stessi lo definiscono, ma anche un
viaggio spirituale tra progressive, jazz e fusion.
Un uovo che rotola e si rompe, un
disco che ti costringe a guardarti dentro
Dopo il debutto Girotondo (giro) fuori scena nel 2000
e la rinascita con Obliquizioni… prima che l’aquilone se ne voli via nel
2023, i Cormorano di Raffaello Regoli tornano con un lavoro che
sa di filosofia e coraggio. Un’opera che non teme il rischio, che si espone con
sincerità. Otto brani in cui la voce di Regoli — da anni ideatore della
rassegna Omaggio a Demetrio Stratos — è guida e strumento, materia sonora e
pensiero incarnato. Una voce che sa piegarsi alla melodia, scartare nella
sperimentazione, librarsi come un canto rituale o farsi sussurro interiore.
Chiara Orlando – Who Are You?
(Filibusta Records, 2025)
Chiara Orlando trasforma le parole di
Emily Dickinson in musica che interroga e accoglie
C’è una
domanda che arriva dritta al cuore, e Chiara Orlando la trasforma in musica: Who
Are You?. Non è un interrogativo qualsiasi, ma un invito a scavare dietro
le maschere, quando il “teatro della vita” diventa stanco di recitare copioni
privi di sincerità. L’artista siciliana, voce e tromba, si mette a nudo in un
album pubblicato da Filibusta Records, che prende forma intorno alle
parole di Emily Dickinson – quella poetessa capace di rivelare l’essenza
dell’esistenza in pochi versi – e ne fa materia sonora, tra delicatezze, ombre
e improvvise accensioni.
Antonio Clemente – Casavacanze
(Autoprodotto, 2024)
Un viaggio tra memoria, radici e
nuovi orizzonti sonori
Solo ora vengo a conoscenza, grazie allo stesso Antonio
Clemente, di questo gran bel disco: Casavacanze, il quinto album del
cantautore siciliano di adozione genovese. Un disco che, come spesso accade con
certe scoperte preziose, arriva con la naturalezza delle cose che sembrano
aspettarti da tempo. E subito mi colpisce il titolo, che unisce due parole apparentemente
opposte: casa, nido intimo e rassicurante, e vacanza, sinonimo di
svago, viaggio, avventura. Due mondi che si incontrano e dialogano anche in
copertina, dove spicca un dipinto a olio realizzato da Clemente stesso: un
gelso enorme che ombreggia il cortile della casa-vacanze, simbolo di memoria e
radici.
Andrea Zacchia – Anemoia (Filibusta
Records, 2025)
Tra vento e memoria, un trio che
scolpisce il tempo con suoni sospesi e silenzi densi di senso
Ci sono dischi che non ti chiedono di ascoltarli: ti invitano
a entrare in una stanza silenziosa, dove ogni nota è un frammento di memoria
che forse non ti appartiene, eppure senti di riconoscere. Anemoia, il
nuovo lavoro del chitarrista Andrea Zacchia, è esattamente questo: un
diario in codice, fatto di risonanze interiori più che di fatti concreti,
sospeso tra il ricordo e l’immaginazione.
Bonny
Jack - Somewhere, Nowhere (Autoprodotto, 2025)
Un
viaggio acustico nei deserti dell’anima
Ci sono dischi che non cercano di
impressionarti: ti parlano a bassa voce, ti avvolgono e poi, senza
accorgertene, ti portano altrove. Somewhere, Nowhere, il nuovo lavoro di
Bonny Jack, ha la forza silenziosa di un tramonto nel deserto. L’ho
ascoltato in una mattina d’estate, con il sole già alto e l’aria ferma, e mi
sono ritrovato in un altro tempo, in un altro spazio: quello delle strade
polverose, delle frontiere invisibili e delle anime erranti.
Bonny Jack, al secolo Matteo
Senese, è un poliedrico one man band capace di muoversi con
disinvoltura tra blues, folk e country, mescolandoli in un linguaggio tutto suo
che guarda alla tradizione americana senza risultare mai derivativo. Dopo Bone
River Blues (2020) e Night Lore Blues (2021), arriva al terzo album
con Somewhere, Nowhere, pubblicato il 27 giugno: undici tracce originali
che confermano la maturità artistica e la capacità di evocare paesaggi sonori
pieni di ombre e luce.
Bonny Jack è avvezzo a
calcare i palchi – non solo in Italia, ma anche in molte nazioni europee e in
Sud America – esibendosi spesso da solo, ma per questo nuovo lavoro ha
arricchito la sua scrittura con interventi preziosi di altri musicisti: Guido
Jandelli (armonica, chitarra elettrica, slide), Andrea Vettor
(percussioni), Angelica Foshi (fisarmonica), Ren Vas Terul
(armonica), Tyler R. (tromba), Alia (voce) e Brian D.
(violino). Ne risulta un sound più stratificato, che resta però fedele
all’essenzialità e all’intensità della sua cifra stilistica.
Fin dal primo ascolto, con Uncle
Jack, chiudendo gli occhi, ci si ritrova immersi nelle atmosfere
polverose di un western: il banjo scandisce il ritmo, la voce graffia come
polvere secca e ti trascina in una storia di radici e memoria. La stessa
sensazione ritorna nei brani successivi, dove la scrittura si fa evocativa e
ipnotica, come se ogni canzone fosse la scena di un film immaginario.
Le undici tracce scorrono come
capitoli di un diario on the road. Carnival Valley ammalia con la
sua energia scura e ipnotica; DamaJuana introduce sapori
sudamericani, mentre Tell Me si mostra come una ballata intima,
con la voce di Bonny Jack che si fa confessione. Me & My
Allies ha l’andatura lenta e polverosa di una marcia sotto il sole
cocente, mentre Mexican Standoff alza la tensione come un duello
sonoro da western crepuscolare.
C’è spazio per l’incanto in Mother
Moon, dove la fisarmonica di Angelica Foshi accarezza la notte,
e per atmosfere sospese in The Glacier, un brano dal respiro
gelido e contemplativo. Wake Up porta un’energia più diretta e
istintiva, e Devil’s Saddle rallenta in un passo svogliato e
malinconico, con il banjo e il violino di Brian D. che disegnano un
paesaggio sonoro dolente e fragile. Chiude Post Apocalypse Song,
che ha il sapore di una resa dei conti: la voce si dissolve come vento tra le
rocce, lasciando un’eco di solitudine.
E poi c’è il packaging: una
piccola scatola di cartone chiusa da uno spago, che contiene – oltre al CD –
gadget e un foglio pieghevole con l’immagine originale della copertina. Un
dettaglio che racconta la cura artigianale e la poetica analogica di Bonny
Jack.
Somewhere, Nowhere non ha
bisogno di etichette. È un disco che ti prende per mano e ti porta lontano, tra
cieli infiniti e strade battute dal vento. Non importa se lo chiamerete blues,
folk o country: queste canzoni sono storie sussurrate all’orecchio, cariche di
polvere e di verità.
C’è una bellezza ruvida in questo
lavoro, una forza silenziosa che ti resta dentro anche quando la musica si
spegne. Non è solo un album da ascoltare: è un luogo in cui tornare ogni volta
che avete bisogno di perdervi per ritrovarvi.
Bonny
Jack (Matteo Senese)
Track list:
Uncle Jack
Carnival Valley
DamaJuana
Tell Me
Me & My Allies
Mexican Standoff
Mother Moon
The Glacier
Wake Up
Devil’s Saddle
Post Apocalypse Song
Bonny Jack – voce, chitarra acustica, banjo, armonica
Guido Jandelli – armonica, chitarre elettriche e slide
Andrea Vettor – percussioni
Ren Vas Terul – armonica
Angelica Foshi – fisarmonica
Tyler R. – tromba
Alia – voce
Brian D. – violino
Registrato e autoprodotto da Bonny Jack
English version
Bonny
Jack - Somewhere, Nowhere (Autoprodotto, 2025)
An acoustic journey through the deserts of the soul
There are albums that don’t try to impress you: they speak in a low voice, they wrap around you and, before you know it, take you elsewhere. Somewhere, Nowhere, the new work by Bonny Jack, has the silent strength of a desert sunset. I listened to it on a summer morning, with the sun already high and the air perfectly still, and suddenly I found myself in another time, another place: dusty roads, invisible borders, and wandering souls.
Bonny Jack, aka Matteo Senese, is a versatile one-man band who moves effortlessly between blues, folk and country, blending them into his own language that looks to American tradition without ever sounding derivative. After Bone River Blues (2020) and Night Lore Blues (2021), he arrives at his third album with Somewhere, Nowhere, released on June 27: eleven original tracks that confirm his artistic maturity and his ability to evoke soundscapes filled with shadows and light.
Bonny Jack is no stranger to the stage – not only in Italy, but across many European countries and in South America – often performing solo. But for this new work, he has enriched his writing with the valuable contributions of other musicians: Guido Jandelli (harmonica, electric guitar, slide guitar), Andrea Vettor (percussion), Angelica Foshi (accordion), Ren Vas Terul (harmonica), Tyler R. (trumpet), Alia (vocals), and Brian D. (violin). The result is a more layered sound that remains faithful to the essential, intense character of his style.
From the very first listen, Uncle Jack pulls you into dusty western-like atmospheres: the banjo keeps the pace, the voice scratches like dry dust and drags you into a story of roots and memory. That same feeling lingers in the following tracks, where the writing becomes evocative and hypnotic, as if each song were a scene from an imaginary film.
The eleven tracks unfold like chapters in a road diary. Carnival Valley entrances with its dark, hypnotic energy; DamaJuana brings subtle South American flavors, while Tell Me emerges as an intimate ballad, with Bonny Jack’s voice turning into a whispered confession. Me & My Allies has the slow, dusty gait of a march under a scorching sun, while Mexican Standoff raises the tension like a sonic duel in a twilight western.
There’s room for enchantment in Mother Moon, where Angelica Foshi’s accordion caresses the night, and for suspended atmospheres in The Glacier, a track with a frozen, contemplative breath. Wake Up delivers more direct, instinctive energy, and Devil’s Saddle slows down into a languid, melancholic pace, with banjo and Brian D.’s violin painting a sorrowful, fragile soundscape. The album closes with Post Apocalypse Song, which carries the flavor of a final reckoning: the voice dissolves like wind on the rocks, leaving behind an echo of solitude.
And then there’s the packaging: a small cardboard box tied with string, containing – besides the CD – some gadgets and a folded sheet with the original cover artwork. A detail that speaks to Bonny Jack’s artisanal care and analog poetry.
Somewhere, Nowhere doesn’t need labels. It’s an album that takes you by the hand and carries you far away, across endless skies and wind-beaten roads. Whether you call it blues, folk or country doesn’t really matter: these songs are whispered stories, full of dust and truth.
There’s a raw beauty in this work, a silent strength that stays with you even when the music fades. It’s not just an album to listen to: it’s a place to return to whenever you need to lose yourself in order to be found.
Track list:
Uncle Jack
Carnival Valley
DamaJuana
Tell Me
Me & My Allies
Mexican Standoff
Mother Moon
The Glacier
Wake Up
Devil’s Saddle
Post Apocalypse Song
Credits
Bonny Jack – vocals, acoustic guitar, banjo, harmonica
Guido Jandelli – harmonica, electric guitars, slide guitar
Andrea Vettor – percussion
Ren Vas Terul – harmonica
Angelica Foshi – accordion
Tyler R. – trumpet
Alia – vocals
Brian D. – violin